Oggi mi sono imbattuto in alcuni articoli de La Repubblica, primo fra tutti un'inchesta sul peso della Chiesa sulle tasche degli italiani, scoprendo che «L'ora facoltativa di religione costa ai contribuenti italiani circa un miliardo di euro all'anno. E' la seconda voce di finanziamento diretto dello Stato alla confessione cattolica, di pochi milioni inferiore all'otto per mille.»; bella roba, considerando che siamo uno stato laico (!!!). A seguire leggo le parole del cardinal Bertone che ha attaccato l'inchiesta e il giornale in generale, sbattendosene altamente (con la classe che solo un uomo di chiesa sa sfoggiare) della libertà d'informazione. Nella mia ignoranza mi chiedo: ma se quello che ha scritto La Repubblica è falso, basta dimostrarlo, che bisogno c'é di alzare la voce e "ordinare" il silenzio?.
Ma io non sono la persona più indicata per parlare di certe cose, dato che la mia fede in Dio mi porterebbe a bruciare una chiesa che è solo una multimazionale commerciale, per non dire un'associazione di crimine organizzato (ma questi sono solo miei pensieri); credo sia meglio far parlare chi sa come usare la parola, uqindi riporto l'articolo di risposta alle parole di Bertone pubblicato sempre su La Repubblica:
Ma io non sono la persona più indicata per parlare di certe cose, dato che la mia fede in Dio mi porterebbe a bruciare una chiesa che è solo una multimazionale commerciale, per non dire un'associazione di crimine organizzato (ma questi sono solo miei pensieri); credo sia meglio far parlare chi sa come usare la parola, uqindi riporto l'articolo di risposta alle parole di Bertone pubblicato sempre su La Repubblica:
"Finiamola". Con questo invito che ricorda un ordine il Cardinal Segretario di Stato della Santa Sede, Tarcisio Bertone ha preso ieri pubblicamente posizione contro l'inchiesta di Repubblica sul costo della Chiesa per i contribuenti italiani, firmata da Curzio Maltese. "Finiamola con questa storia dei finanziamenti alla Chiesa - ha detto testualmente il cardinal Bertone - : l'apertura alla fede in Dio porta solo frutti a favore della società". Per poi aggiungere: "C'è un quotidiano che ogni settimana deve tirare fuori iniziative di questo genere. L'ora di religione è sacrosanta".
Non ci intendiamo di santità, dunque non rispondiamo su questo punto. Ma non possiamo non notare come il tono usato da Sua Eminenza sia perentorio e inusuale in qualsiasi democrazia: più adatto a un Sillabo.
L'attacco vaticano riguarda un'inchiesta giornalistica che analizza i costi a carico dei cittadini italiani per la Chiesa cattolica, dalle esenzioni fiscali all'otto per mille, al finanziamento alle scuole private, all'ora di religione: altre puntate seguiranno, finché il piano di lavoro non sia compiuto.
Finiamola? E perché? Chi lo decide? In nome di quale potestà? Forse la Santa Sede ritiene di poter bloccare il libero lavoro di un giornale a suo piacimento? Pensa di poter decidere se un'inchiesta dev'essere pubblicata "ogni settimana" o con una diversa cadenza? E' convinta che basti chiedere la chiusura anticipata di un'indagine giornalistica per evitare che si discuta di "questa storia"? Infine, e soprattutto: non esiste più l'imprimatur, dunque persino in Italia, se un giornale crede di "tirar fuori iniziative di questo genere" può farlo. Salvo incorrere in errori che saremo ben lieti di correggere, se riceveremo richieste di rettifiche che non sono arrivate, perché nessun punto sostanziale del lavoro d'inchiesta è stato confutato.
La confutazione, a quanto pare, anche se è incredibile dirlo, riguarda la legittimità stessa di affrontare questi temi. Come se esistesse, lo abbiamo già detto, un'inedita servitù giornalistica dell'Italia verso la Santa Sede, non prevista per le altre istituzioni italiane e straniere, ma tipica soltanto di Paesi non democratici. In più, Sua Eminenza è il Capo del governo di uno Stato straniero che chiede di "finirla" con il libero lavoro d'indagine (naturalmente opinabile, ma libero) di un giornale italiano. Dovrebbe sapere che in Occidente non usa. Mai.
Stupisce questa reazione quando si parla non dei fondamenti della fede, ma di soldi. E tuttavia se la Chiesa - com'è giusto - vuole far parte a pieno titolo del discorso pubblico in una società democratica e trasparente, non può poi sottrarsi in nome di qualche sacra riserva agli obblighi che quel discorso pubblico comporta: per tutti i soggetti, anche quelli votati al bene comune. Anche questo è un aspetto della sfida perenne, e contemporanea, tra democrazia e religione.
(25 ottobre 2007)
Ezio Mauro La Repubblica
Che dire? Solo i più sinceri complimenti all'autore dell'articolo, i complimenti di un semplice cittadino che non ne può più dell'ignobile servilismo che l'Italia adotta nei confronti di una chiesa parassita. Se non l'avete ancora fatto vi invito a leggere l'inchiesta linkata nell'articolo, ma tenete un digestivo a portata di mano, sono cose che non è facile mandare giù.